Gli agglomerati urbani hanno un grande bisogno di cambiare passo per continuare a garantire qualità della vita. La speranza è data da piccole entità altamente intelligenti, più dinamiche e adattabili ai mutamenti dell’ecosistema.

Norwich in aerofotogrammetria

Non tutte le città si trovano nella situazione dell’inglese Norwich, eppure sono molti gli amministratori che riconosceranno la propria realtà locale in un quadro come quello tracciato da Tom Baker, Chief Information Officer del Norfolk County Council (NCC), durante una intervista a ITProPortal di fine 2013.

La Local Government Association prevede un buco nelle finanze locali di 14 miliardi di sterline [17 miliardi di euro] entro il 2019 e se aggiungiamo i tagli per 25 miliardi di sterline [33 miliardi di euro] previsti dal Cancelliere dello Scacchiere George Osborne, lo scenario non è allegro. Il Council è interessato ai tagli in ragione di 189 milioni di sterline [230 milioni di euro], una bella cifra per un’area dove vanno erogati servizi pubblici a oltre un milione di persone.

Parrebbe tempo di ripiegamento e contrazione e invece, continua Baker nell’articolo, è esattamente il momento per investire in nuovi progetti tecnologici ambiziosi e in nuove realtà capaci di promuovere lo sviluppo e la crescita anche in circostanze difficili, che richiedono flessibilità e abilità di conseguire risultati anche in un quadro di scarsità di risorse.

Tecnologia ambiziosa per le nuove città

Città digitali del futuro

L’NCC ha compiuto la propria mossa e ha stipulato un accordo con HP, che provvederà alla creazione di uno hub informativo basato su tecnologie cloud, nell’intento di trasformare l’erogazione dei servizi pubblici in chiave di maggiore efficienza e utilizzo intelligente delle tecnologie e delle capacità di collaborazione delle varie istituzioni pubbliche; l’NCC si occupa di scuola, servizi sociali, viabilità, servizi di soccorso e prevenzione, biblioteche, smaltimento dei rifiuti, servizi al consumatore e pianificazione organizzata.

Lo hub farà convergere le informazioni provenienti da ciascuna agenzia pubblica e permetterà all’NCC di prendere decisioni più informate e basate su fatti concreti, eliminare duplicazioni di funzioni e servizi e tenere il passo con la crescita delle richieste di servizio. Il tutto con la promessa di risparmi di costi nell’ordine del 20 percento.

Norwich e la relativa contea di Norkfolk hanno semplicemente fatto ingresso nel gruppo delle smart city, la risposta delle amministrazioni capaci di gestire la tecnologia alle esigenze sempre maggiori di conciliare servizi di alta qualità con uno stretto controllo dei costi operativi. La multinazionale della gestione degli asset digitali Econocom ha recentemente dedicato alcuni articoli del proprio blog aziendale (per esempio Le smart city più smart del mondo) al fenomeno delle città intelligenti puntando ai più recenti indicatori. Sono decine le città grandi e piccole che seguono questa strada, da metropoli come Parigi e New York fino a realtà più contenute nelle dimensioni come la greca Héraklion, l’estone Tallin o la finlandese Oulu.

Le vie alla smartness sono letteralmente infinite, dagli hub informativi come quello di Norwich agli investimenti nella banda larghissima, ai progetti direttamente migliorativi delle infrastrutture: illuminazione stradale intelligente, reti semaforiche autoconfiguranti in base ai flussi sul traffico, sensori di monitoraggio dei consumi e via dicendo. Le direzioni di sviluppo sono pressoché infinite e per una amministrazione pubblica è complicato compiere sempre la scelta ottimale, specie quando la cultura tecnologica al proprio interno è ancora parzialmente da costruire. C’è però una strada complementare agli obiettivi delle smart city che chiama direttamente in causa l’altro soggetto cui abbiamo accennato a inizio articolo.

Nuove realtà flessibili ad alta capacità di adattamento

Torino

La spinta al buon utilizzo di nuove tecnologie digitali, applicazioni di rete e big data (gli ampi patrimoni informativi che nuovi, potenti algoritmi in mano a esperti possono fornire indicazioni preziose e non immediatamente deducibili all’osservazione superficiale) può essere impressa non solo attraverso progetti specifici, ma anche incoraggiando e promuovendo la nascita e l’interazione di entità capaci di produrre rapidamente soluzioni nuove e promettenti, innovative eppure dispiegabili con ragionevole facilità e a costi sostenibili. Sono le startup, le aziende che si muovono come i mammiferi in mezzo ai dinosauri: sono strutturate al minimo, focalizzate su progetti specifici capaci di suscitare interesse presso investitori e autorità, popolate e azionate dal talento e dall’inventiva che si muovono libere dai contrappesi burocratici e procedurali tipici delle imprese più grandi.

Per incoraggiare la fioritura di startup nel tessuto cittadino la prima da cosa da fare è adottare una politica di condivisione dei dati cittadini. In forma sicura, protetta e legale come spiega sempre Tom Baker, che incoraggi lo studio dei problemi e la nascita di risposte alternative. In Italia siamo ancora indietro a livello municipale rispetto a realtà come Chicago, per dire, ma si registrano situazioni in evoluzione positiva come per esempio quelle di Torino, Trento e Venezia.

In secondo luogo occorre saper stimolare e incoraggiare un clima di innovazione e confronto, per esempio agevolando le esperienze di luoghi di lavoro innovativi in sé stessi come i coworking che iniziano a diffondersi nelle nostre città principali. Esperienze come quelle milanesi di Cowo oppure Login mettono a disposizione a prezzi estremamente accessibili scrivanie connesse e pienamente accessoriate ma soprattutto l’incontro con altre realtà, luoghi di scambio di idee e progetti, opportunità di valorizzare competenze, in una logica che favorisce la comparsa di pensiero creativo, applicabile alle moderne tecnologie, sostenibile fino almeno alle verifiche di fattibilità di un progetto.

I due binari verso la Internet of Things

Internet delle cose

Il germogliare delle startup in un ecosistema favorevole e l’inclinazione alla smartness delle città sono due reagenti che insieme possono concretizzare il divenire della Internet of Things, il mondo interconnesso a ogni livello degli oggetti che Cisco ha ribattezzato Internet of Everything e si prevede in sviluppo fino a 50 miliardi di apparecchi collegati da qui al 2020, per un valore possibile di 19 mila miliardi di dollari.

Per realizzare questo immenso potenziale serviranno apertura al nuovo e volontà di mettersi in gioco nonostante le difficoltà di bilancio. Anche le aziende e le organizzazioni aziendali possono svolgere un ruolo estremamente importante, incoraggiando a qualsiasi livello la possibilità per le nuove idee di conquistare attenzione e finanziamenti. Una iniziativa benemerita in corso nel nostro Paese è per esempio il Premio Best Practices per l’innovazione, promosso da Confindustria Salerno a livello nazionale e giunto quest’anno all’ottava edizione. L’elenco dei partecipanti rivela quanta innovazione possa trovarsi anche in un contesto per molti versi problematico come quello italiano.

D’altro canto, proprio dove è più difficile prosperare è più facile che vi sia una spinta evolutiva da parte delle menti e dei talenti più determinati a superare gli ostacoli verso l’applicazione di una buona idea innovativa. A tutti gli attori del mercato e della pubblica amministrazione sta la lungimiranza di premiare e agevolare nel modo migliore le startup, o meglio l’investimento sul futuro che oggi è più che mai indispensabile per tenere il passo con lo sviluppo di un panorama tecnologico che in questo secolo ha innestato una marcia superiore.

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