I negozi fisici stanno sperimentando varie tecnologie per evitare di essere travolti dalla trasformazione digitale: specchi “magici”, camerini digitali, persino “lettori del pensiero”. Eppure i risultati restano deludenti: si stima che nel 2017, negli Stati Uniti, decine di catene tra cui Macy’s, Sears e J.C. Penney abbiano chiuso 9.000 negozi. E Cushman & Wakefield, società specializzata negli immobili commerciali, prevede che il numero aumenterà di almeno del 33% nel 2018, superando le 12.000 unità. I retailer più al passo con i tempi cercano di mettere in pratica strategie come multicanalità, cross-canalità e omnicanalità: varie strategie di marketing che prevedono una continua interazione tra l’esperienza offline nel negozio e quella online su Internet e social. Ma non sta funzionando come dovrebbe. Ecco dunque tre comuni errori che fanno i brand quando cercano di proporre tecnologie innovative per la customer experience. Li ha elaborati Lukasz Szostak, Vice President of Strategic Accounts di Hero Digital, un’agenzia di esperienza omnichannel per il cliente.

ERRORE N. 1: NON USARE LA TECNOLOGIA PER ASCOLTARE IL CONSUMATORE

Il consumer marketing tradizionale, scrive Lukasz Szostak, è come la persona che, al primo appuntamento, non smette di parlare di se stesso senza praticamente ascoltare cosa ha da dire l’altra persona. Oggi i clienti vogliono che i retailer li conoscano in modo approfondito, perché si aspettano una shopping experience personalizzata sia online sia nel negozio. Sfortunatamente, quando i brand adottano una nuova tecnologia, spesso perdono l’opportunità di stabilire una comunicazione a due vie.
Per esempio non tutti sanno che, come è emerso da alcune ricerche, i Millennials non amano gli store con gli ascensori, perché danno troppo valore al proprio tempo libero per decidere di “perderlo” girando per spazi troppo grandi e complicati. Altre ricerche hanno dimostrato che mettere i libri a faccia in su negli scaffali delle librerie incrementa le vendite, nonostante riduca lo spazio disponibile. Infatti i negozi fisici di Amazon Books sono strutturati in questo modo.
In definitiva: la vera innovazione nel Retail avviene quando si usa una tecnologia per ascoltare i consumatori, apprendere da loro e agire di conseguenza. E gli strumenti tecnologici per farlo non mancano.

ERRORE N. 2: FRAINTENDERE IL RUOLO DEGLI INNOVATION LAB

Spesso sono i brand più grandi ad avere problemi con l’innovazione. Alcuni scelgono strategie di open innovation, per esempio acquisiscono startup innovative. Altri decidono di aprire laboratori di innovazione, sperando che effettuare investimenti significativi in questi lab aprirà loro le porte del futuro. Purtroppo non sono pochi i laboratori che chiudono perché si sono limitati a “mimare” la risoluzione dei problemi senza metterla in pratica. Un esempio positivo è quello di Nordstrom, che ha preso metà del personale del digital lab e lo ha disseminato per tutta l’azienda, facendolo lavorare a stretto contatto con i clienti. “Abbiamo concluso – ha detto il CIO di Nordstrom, Dan Little – che concentrare le risorse nella tecnologia non era per noi il modo più efficace di creare una grande esperienza di servizi per i consumatori”.

ERRORE N. 3: NON RIUSCIRE A DARE VALORE AGGIUNTO

“Dai, dai, dai e solo dopo prendi” è un principio che dovrebbe essere maggiormente applicato dai retailers sui canali social, mobile e web. Costruire una relazione richiede linee di comunicazione che vanno al di là dei tradizionali touch point. Bisogna offrire alla clientela una ragione per parlare con l’azienda. E spesso “parlare” significa condividere informazioni che altrimenti non si sarebbe disposti a fornire. È quello che ha fatto molto bene Nike. Su 10 app per iPhone di Nike sull’App Store di Apple, solo due sono prodotti o sono destinate alla commercializzazione. Le altre otto includono app per il fitness, app educational, emoji per il telefono ecc. ecc. Quando il cliente usa una di queste applicazioni, Nike riceve informazioni sulle sue abitudini, sulla sua localizzazione ed è in grado di mantenere con lui un dialogo costante. I clienti di Nike, insomma, sono desiderosi di parlare di se stessi in cambio del valore che ricevono.

Per approfondire:
• Retail e Omnicanalità
Retail 4.0