Un tempo i tecnici e gli utenti di dispositivi elettronici erano costretti a leggersi lunghi e complicati manuali d’uso. Con l’evoluzione tecnologica questi manuali sono diventati ancora più complicati, mentre si sono moltiplicati i device per i quali sono necessarie le istruzioni. Il problema non riguarda solo le persone, ma anche e soprattutto le industrie, in particolare le fabbriche 4.0, dove tutto è digitalizzato e interconnesso. Una startup italiana, weAR, (http://www.wear-mobile.com/) punta a risolvere questo problema attraverso un’applicazione che consente alle aziende di creare manuali e istruzioni d’uso interattivi basati sulla realtà aumentata. In pratica la piattaforma marko.tips permette agli utenti di visualizzare informazioni virtuali direttamente su oggetti reali, grazie ad una app in realtà aumentata per smartphone, tablet e wearables. “Il nostro tool è anche un modo per trasmettere il sapere dalle vecchie alle nuove generazioni” dice il fondatore e CEO di weAR, Emanuele Borasio. “In un momento in cui i tecnici senior stanno andando in pensione, si pone con maggiore urgenza la necessità di uno strumento di questo tipo. Ne abbiamo avuto dimostrazione con un elettricista di una compagnia che è riuscito a creare manuali d’uso da solo e ha trasferito il bagaglio di conoscenze ai lavoratori più giovani”.
WEAR, COME È NATA E CHE COSA FA
Fondata nel 2014 con sede a Ferrara, è una startup partecipata dal fondo ClubItaliaInvestimenti 2, da Aruba Spa e dal Gruppo digital360.it, ed è stata incubata 3 anni in Polihub, l’incubatore per startup del Politecnico di Milano. Fondatore e CEO è Emanuele Borasio. Nato a New York nel 1971, dopo un’esperienza accademica all’Università di Ferrara come professore a contratto di Sistemi Informativi Territoriali (GIS) e tecniche di Telerilevamento Satellitare, ha co-fondato uno dei primi spin-off dell’ateneo emiliano, Geotema. Nel 2010 ha dato vita a un’altra startup, G-maps, attiva nel campo della progettazione e realizzazione di applicativi per Realtà Aumentata. L’arrivo sul mercato di una varietà di dispositivi wearable l’ha indotto a concentrarsi sulle applicazioni industriali della AR ai device. Così è nata weAR. La giovane società ha ottenuto un seed iniziale di 150mila euro da ClubItaliaInvestimenti 2 e Aruba Spa, che le ha consentito di far arrivare il prodotto sul mercato. Successivamente il tool è stato adottato da alcuni player come Enel e utilizzato in prova da altre società, tra cui Rfi. Tra le altre cose, nel 2016 weAR è risultata tra i sedici progetti vincitori di Digital360 Awards, il contest organizzato da Digital360 per individuare le migliori soluzioni imprenditoriali di innovazione digitale in ambito business sviluppati da fornitori hi-tech.
Attualmente la società è alla ricerca di un ulteriore round di finanziamento. “Negli ultimi due anni – racconta Emanuele Borasio – abbiamo cominciato ad approcciare il mercato estero. Abbiamo partecipato a una fiera sulla AR a Tokyo, città dove torneremo a ottobre per parlare con aziende giapponesi. Siamo stati in Silicon Valley grazie a un bando della Regione Emilia-Romagna. Ho avuto una mentor che, a ottobre 2017, mi ha presentato a investitori locali con i quali ho avviato un dialogo interessante”.
weAR ha chiuso il 2017 con un fatturato di circa 300mila euro.
Per Approfondire
• weAR, vincitrice ai Digital360 Awards